Il Fanello nordico nel profondo sud

Quando si parla di fanelli, il sottoscritto ‘drizza le orecchie’, a differenza di molti ornicoltori, che identificano questi uccelletti come una sorta di diavoli saltellanti e mai domi. Ed in effetti il fanello, in genere, è un animale molto forastico, che difficilmente, anche se nato in cattività da generazioni, si adatta alla vita captiva. Tutt’altro discorso va fatto per il cugino del nostro indigeno dal canto melodioso, e cioè il fanello nordico.
Identikit
Appartiene alla specie dei carduelis (mentre fino a qualche anno fa era classificato negli acanthis) ed è parente stretto del fanello, anche se a vederlo sembra una via di mezzo tra lo stesso fanello e l’organetto. Anche la taglia è intermedia tra le due specie, mentre lo stesso non può dirsi per il bel petto rosso evidenziato dai maschi di fanello nostrano ed organetto, che il fanello nordico non mostra. Lo chiamano anche “Fanello a becco giallo” ed è originario dell’Europa settentrionale e dell’Asia minore, dove sopporta temperature rigidissime. Una sfida per chi, come me, vive a Foggia, nel profondo sud, dove ad agosto non è difficile che la colonnina del mercurio superi i 45 gradi. Erano anni che speravo di entrare in possesso, o almeno di vedere, di un fanello nordico ed un fanello dello Yemen. Per la seconda specie pare che, vista la chiusura delle frontiere per la discutibile paura dell’aviaria, dovrò aspettare qualche anno. Il fanello nordico lo avevo sempre immaginato come un grosso fanello nostrano, meno bruno e più slavato: quando li ho visti per la prima volta in occasione di Fringillia ho notato che in effetti la mia immaginazione lascia un bel po’ a desiderare. Ne ho acquistati quattro. Quel che ho constatato di persona, appena entrato in contatto con questi volatili, è che sono calmissimi, sembrano quasi canarini. Un’assoluta novità per chi cerca di allevare i fanelli (nonostante sia in possesso di tre coppie di nostrani straordinariamente calme).
L'allevamento e l'alimentazione
Li ho alloggiati in una gabbia da 90 centimetri all’aperto (il mio allevamento è sul balcone di casa) e ho somministrato loro un misto base, ciò che fornisco a tutti gli uccelli in mio possesso (allevo organetti e fanelli): misto per canarini con perilla, ‘tagliato’ con misto per diamanti di Gould. Niente miscugli per indigeni, perché secondo me, almeno a Foggia dove fa molto caldo, molti dei semi in essi contenuti (quelli più oleosi), sono soggetti ad irrancidire prima di altri e potrebbero fare male ai miei piccoli. Una base bilanciata, anzi, preconfezionata dalle ditte preposte alla vendita dei miscugli per uccelli, è più che sufficiente. Ovvio che l’alimentazione da me fornita non si limita ad un misto di semi: il fanello nordico, a differenza di molti altri indigeni schizzinosi, mangia un po’ tutto e tende ad assaggiare qualsiasi alimento metta a sua disposizione. Oltre ai semi, dunque, fornisco ai fanelli nordici mela, centocchio, le arance del Gargano (che posso trovare durante tutto l’arco dell’anno), tagliate a metà e poste in apposite vaschette (le svuotano e lasciano solo la buccia), e poi cetrioli, pomodori, spinaci, portulaca e melone giallo. Divorano tutto, anche un pastoncino che preparo io stesso, mescolando un po’ di pastone del commercio e lo sfarinato “primo periodo” che si somministra ai pulcini ed ai tacchini: io lo uso per asciugare i semi germinati, che da marzo a settembre, non faccio mai mancare. Durante la cova preparo un budino, che ottengo amalgamando due uova (tuorlo ed albume) ed il latte contenuto in un bicchiere. Questo composto lo passo al microonde finché non diventa denso, poi lo verso in un piatto, lo porto a temperatura ambiente e lo conservo in frigorifero. Lo fornisco ai fanelli ed agli organetti a cubetti e – tanto per cambiare – non ne trovo traccia.
Esperienze d'allevamento
Il mio primo dubbio, presi i fanelli a becco giallo, era quello di formare le coppie: niente di più facile, grazie anche all’aiuto di un grande amico e grandissimo allevatore, Jean-Eric Adam, belga di Liegi, che mi ha insegnato che il dimorfismo nel fanello nordico è evidente: il maschio ha il codione rosso cremisi, la femmina no. Una differenza che si nota poco, soprattutto se non si colora il fanello nordico durante la muta. A questo punto un altro problema: ma il nordico si colora o no? C’è chi non somministra colorante, per non intaccare lo splendido giallo del becco. Io ho risolto il problema: somministro solo betacarotene (niente cantaxantina) e in una modesta quantità, giusto perché il mio occhio possa delineare il dimorfismo. Formate le coppie a dicembre, sopraggiunge il timore di perderle: si dice che i fanelli nordici siano soggetti alla coccidiosi che soffrano il caldo, che siano delicatissimi… evidentemente la mia è fortuna, visto che ho perso uno dei due maschi, ma solo per colpa della solita gazza, che aveva deciso di portare ai suoi piccoli un pasto non convenzionale. Rimasto con un maschio e due femmine, non mi sono perso d’animo e ho atteso la primavera: verso maggio in allevamento ho constatato che il maschio stava andando in amore, e non faceva nulla per nascondere il periodo di gran forma: l’unico inconveniente, se così si può chiamare, era che cantava esattamente come un cardellino. Evidentemente il nordico, come il cugino nostrano, è un buon imitatore e il mio ‘incardellato’ si era prestato a far scuola di canto, visto l’ottimo allievo. A metà maggio una delle due femmine ha iniziato a strapparsi le piume dal petto: la voglia di nidificare era arrivata. Ho inserito un nido interno per canarini, che non ho infrascato, ma ho posto sulla parete frontale della gabbia, che all’esterno avevo tappezzato con piante finte da acquario: le ho dato un po’ di iuta e ha iniziato a giocherellare, trasportando il materiale ovunque, inseguita dal maschio eccitatissimo. Dopo circa dieci giorni ecco il primo uovo, deposto nel cestino, senza iuta: ho provato con crini animali, fibra di cocco, ho strappato i fili vegetali che si trovano intorno alle palme, numerose nella mia città… tutto inutile, la fanella non sapeva da dove cominciare. A questo punto ho preparato a mano un nido, il cui incavo è stato arrotondato con una lampadina calda, e la femmina l’ha accettato di buon grado. Tre uova, tutte piene. Non uso balie di alcun genere, per cui la scelta era obbligata: avevo bisogno di una fanella nordica adatta alle cure parentali. Fortunatamente mi è andata bene: tre uova schiuse, neanche un decesso. Un maschio e due femmine, cosa chiedere di più? Il gran caldo era giunto, e i fanelli nordici non mostravano grandi segni di sofferenza: l’importante era avere il bagno sempre a disposizione, con l’acqua sempre pulita. Ho notato che la loro attitudine a bagnarsi è quasi maniacale, dunque perché mai scontentarli? Intanto anche l’altra femmina aveva mostrato segni di inquietudine: anche in questo caso nessuna attitudine alla costruzione del nido e, sfortunatamente, nessun uovo fecondo. Il maschio, alla sola vista di questa seconda femmina, spinto da un inspiegabile astio, dava vita ad inseguimenti e scene di una violenza tale da indurmi a separare i due. Per quest’anno ho a disposizione un altro maschio, splendido, che ho acquistato da Jean Eric, staremo a vedere se nascerà feeling con la ‘vedova’ della scorsa stagione cove. Nel profondo sud, a Foggia, questa la mia conclusione, il fanello nordico sopravvive benissimo, si riproduce, canta, si adatta all’alimentazione del ‘mio’ Gargano. Sto cercando di ‘contagiare’ un ottimo allevatore di organetti, Angelo Piteo, anch’egli foggiano, ad allevare il nordico: partirà da una coppia. Io continuerò la mia avventura con tre famigliole che, unite alle tre coppie di fanelli nostrani (specie che, da quel che si è notato, adoro) e a nove di organetti cabaret, costituiranno la ‘squadra’ per la stagione cove 2007, quella in cui potrò confermare che, se ben osservati, anche i delicati fanelli nordici si adattano a qualsiasi temperatura, anche a quelle della “caliente” Puglia.
Piero Russo
(articolo pubblicato da Alcedo)

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